La Corte di Cassazione, nella sentenza 30.5.2023 n. 23515, in relazione alla fattispecie di dichiarazione infedele (art. 4 del DLgs. 74/2000) ha stabilito che:
- la consapevolezza del contribuente in ordine all'errore contenuto nella fattura o nella nota di credito non lo legittima a replicare tale errore nella dichiarazione ai fini IVA se tale errore incide sulla corrispondenza al vero dell'entità degli elementi attivi o passivi dichiarati. La dichiarazione, infatti, è atto proprio del contribuente che la sottoscrive, sicché egli non può lucrare sull'errore altrui di cui sia consapevole per dichiarare (altrettanto consapevolmente) il falso;
- l'errore di fatto rilevante è solo quello disciplinato dall'art. 47 c.p. e deve cadere su uno qualsiasi degli elementi della fattispecie. L'errore contenuto nell'atto da altri formato e annotato nella contabilità del dichiarante non esclude il dolo (di evasione) se il contribuente ne è consapevole e, ciò nonostante, dichiari elementi attivi (e/o passivi) non corrispondenti al vero;
- neppure è possibile invocare un incolpevole "affidamento" ad altri della tenuta della contabilità, della redazione dei bilanci, della dichiarazione fiscale, nonché dell'interpretazione delle norme fiscali. La norma penale, infatti, non ammette trasferimenti di responsabilità che sono proprie del destinatario del precetto.