La disciplina del raddoppio dei termini dell’attività accertativa, anche se abrogata e non più in vigore dal 1° gennaio 2016, è foriera di pronunce di particolare interesse come nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 26199 dell’8 settembre 2023.
Il caso esaminato ha ad oggetto l’omesso versamento delle ritenute d’imposta e di infedele dichiarazione del sostituto d’imposta nell’anno 2003, periodo d’imposta in cui tali violazioni, in base alla normativa vigente all’epoca dei fatti, non costituivano fattispecie di reato ai sensi dell’art. 4 del D.lgs. n. 74/2000, non rendendosi pertanto applicabile il raddoppio dei termini di accertamento. Nonostante ciò, l’Amministrazione finanziaria ha comunque provveduto ad assolvere l’obbligo di denuncia penale ex art. 331 c.p.p. per il reato di dichiarazione infedele, giustificando il raddoppio dei termini accertativi.
Da quanto si apprende nella sentenza, i giudici di legittimità hanno confermato che sia la previsione di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, sia la dichiarazione infedele, rispettivamente ex artt. 3 e 4 del DLgs. 74/2000, potevano (e possono ancora oggi) rilevare solo ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA, ma non per le ritenute fiscali.
Ciò è sostenuto anche dal fatto che l’art. 1 lett. c) del D.lgs. 74/2000, solo nella versione successiva al D.lgs. 158/2015, ovvero dal 22 ottobre 2015, ha specificato che per dichiarazioni si dovesse avere riguardo anche a quelle del sostituto d’imposta.
Si ricorda che il reato di omesso versamento di ritenute (dovute) certificate ex art. 10-bis del D.lgs. 74/2000 è stato introdotto con la L. n. 311/2004, quindi l’anno successivo a quello oggetto di giudizio.
La Corte specifica che, “al momento dell’accertamento, l’omesso versamento delle ritenute d’imposta e l’infedele dichiarazione del sostituto d’imposta non erano previsti come reato, trattandosi di fattispecie abrogate ex art. 25 D.lgs. n. 74/2000, e conseguentemente non sussisteva l’obbligo di denuncia penale ex art. 331 c.p.p. da parte dell’Agenzia delle Entrate”.
A conclusione, si osserva che nel sistema vigente l’omesso versamento di ritenute certificate è previsto come reato dall’art. 10-bis del D.lgs. 74/2000.
Ove però manchi il versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma non vi è la prova del rilascio delle relative certificazioni, sussiste un illecito amministrativo tributario, mentre l’omessa dichiarazione del sostituto d’imposta, è punita anche penalmente dall’art. 5 comma 1-bis del D.lgs. 74/2000.
Tuttavia, il caso di dichiarazione infedele del sostituto, ovvero il caso in cui il sostituto non operi tutte le ritenute e per l’effetto non le dichiari nel modello 770, rendendosi comunque inadempiente rispetto al debito tributario effettivo, non è previsto come reato.