La Corte di Cassazione, nella sentenza 10.7.2024 n. 27480, ha stabilito che l'utilizzo in compensazione di crediti IVA "frutto di una creazione estemporanea" integra la fattispecie di indebita compensazione di crediti "non spettanti" (di cui all'art. 10-quater co. 1 del DLgs. 74/2000) e non quella, più grave, di indebita compensazione di crediti "inesistenti" (di cui all'art. 10-quater co. 2 del DLgs. 74/2000) quando essi, come accadeva nel caso di specie, siano rilevati come tali attraverso i controlli automatizzati.
E infatti, come precisato dall'art. 13 co. 5 del DLgs. 471/97, nella versione in concreto applicata, si intende inesistente:
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il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo;
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la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli automatizzati di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del DPR 600/73 e di cui all'art. 54-bis del DPR 633/72.
Dal momento che, come affermato anche dalla sentenza n. 7615/2022 della Suprema Corte, in una prospettiva unitaria e sistematica, è da questa disposizione che deve trarsi la nozione penalistica di credito inesistente, in assenza di uno dei due requisiti richiesti, il credito, seppure inesistente "di fatto", non è valutabile come tale e, dovendosi ricondurre sul piano formale ai crediti esistenti, la sua indebita compensazione rileva quale credito "non spettante" ex art. 10-quater co. 1 del DLgs. 74/2000.