La Corte di Cassazione, nella sentenza 11.11.2024 n. 41245, ha precisato che il sequestro di una somma di denaro in capo all'amministratore di una società che ha commesso, nell'interesse di questa, un reato tributario (nella specie, di indebita compensazione ex art. 10-quater del DLgs. 74/2000) è da qualificare come "per equivalente" e non "diretto".
La confisca "per equivalente" del profitto del reato tributario - cui il sequestro è funzionale - non richiede l'esistenza di un rapporto di pertinenzialità tra la "res" e il reato. Tale misura, infatti, non ricade direttamente sui beni costituenti il profitto del reato ma ha per oggetto il controvalore di essi nella titolarità dell'amministratore quando nel patrimonio della società non vengano rinvenuti beni della società o quando essi non siano, per qualsiasi ragione, aggredibili.
Tale conclusione è tanto più vera alla luce della recentissima pronuncia delle Sezioni Unite - della quale si è in attesa di conoscere le motivazioni (cfr. l'informazione provvisoria n. 12/2024) - secondo la quale la confisca di somme di denaro ha natura "diretta" solo in presenza della prova di una derivazione causale del bene dal reato, non potendosi far discendere detta qualifica dalla mera natura del bene, ed è invece qualificabile come "per equivalente" in tutti gli altri casi in cui non sussiste il predetto nesso di derivazione.