Con le sentenze nn. 4151 e 4157 del 18.2.2025, la Corte di Cassazione ha confermato che il recupero della detrazione e il diniego del rimborso IVA sono infondati se si basano esclusivamente sul mancato superamento del test di operatività delle società di comodo.
La Suprema Corte ha richiamato i principi enunciati dalla Corte di Giustizia Ue nella sentenza Feudi di San Gregorio (causa C-341/22), che ha dichiarato l'incompatibilità con la direttiva 2006/112/CE della disciplina di cui all'art. 30 della L. 724/94, la quale prevede limitazioni al diritto alla detrazione IVA per le società che, non superando il test di operatività, non sono considerate soggetti passivi d'imposta.
Le ragioni dell'incompatibilità risiedono, fra l'altro, nel fatto che la norma unionale non subordina il diritto alla detrazione IVA all'entità delle operazioni effettuate dal soggetto passivo.
La disposizione nazionale non può essere legittimata neppure dalla sua finalità antielusiva, in quanto la presunzione istituita dalla disciplina sulle società di comodo (pur essendo confutabile) eccede l'obiettivo di prevenire frodi e abusi.
Gli Autori osservano che, in attesa dell'abrogazione dell'art. 30 della L. 724/94, i crediti IVA delle società di comodo, previa presentazione di una dichiarazione integrativa, potrebbero ragionevolmente essere chiesti a rimborso o utilizzati in compensazione.