Nelle Cass. 18.2.2025 nn. 4151 e 4157 sono state disapplicate le penalizzazioni IVA derivanti dalla disciplina delle società di comodo (art. 30 co. 4 della L. 724/94), in forza dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell'UE 7.3.2024 causa C-341/22. La Suprema Corte era già pervenuta alla stessa conclusione in diverse pronunce pubblicate lo scorso anno (ex multis, Cass. 11.9.2024 nn. 24416 e 24442).
Come osservato dalla Corte di Cassazione, secondo i giudici unionali, il diritto alla detrazione IVA non può essere negato per la mera entità delle operazioni effettuate dal soggetto passivo, ma solo se sussiste una fattispecie di frode o un abuso. La normativa nazionale in parola non è incompatibile con la direttiva 2006/112/CE in quanto mira a disincentivare l'evasione, bensì perché si fonda su una "presunzione" estranea alla disciplina IVA, poiché il diritto alla detrazione deve restare ancorato alla "realtà effettiva".
L'aspetto critico è rappresentato dalle modalità per fare valere il credito "reviviscente". Per gli anni precedenti al 2024, allo stato attuale, una soluzione operativa potrebbe essere quella di ricorrere all'istituto della dichiarazione integrativa ex art. 8 co. 6-bis del DPR 322/98.