La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 5318 del 28.2.2025, ha ribadito l'assoluta incompatibilità, ai fini delle imposte sui redditi, tra la carica di presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali e la qualità di lavoratore subordinato, in quanto "il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza dell'ente sociale, di direzione, di controllo e di disciplina rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni". Ne consegue che il relativo costo di lavoro dipendente è indeducibile.
L'Autore rileva che l'ulteriore conseguenza è che l'eventuale riqualificazione della retribuzione quale compenso all'amministratore potrebbe non consentire la deducibilità del relativo costo, in quanto si tratterebbe di un compenso corrisposto in assenza di preventiva delibera. Il compenso del presidente del CdA verrebbe quindi tassato due volte, la prima in capo all'amministratore, la seconda in capo alla società, per effetto della mancata deduzione dei relativi costi.