In base alla regole della comunione de residuo (art. 177 co. 1 lett. c) del c.c.), il "saldo attivo" di un conto corrente bancario intestato soltanto ad uno dei coniugi in regime di comunione legale dei beni (titolarità individuale) e nel quale siano confluiti proventi dell'attività separata svolta dallo stesso, entra a far parte della comunione legale dei beni al momento dello scioglimento della comunione stessa, con conseguente sorgere, solo da tale momento, di una titolarità comune dei coniugi sul saldo stesso" (Cass. 19567/2008).
Secondo il tribunale, tale regola troverebbe applicazione solo ove il decesso riguardi l'intestatario del conto, e non ove deceda l'altro coniuge in comunione legale.
La Corte d'Appello di Bari non condivide tale impostazione: posto che la comunione de residuo è l'effetto dello scioglimento della comunione legale, essa non deriva solo dalla morte di uno dei coniugi ma da tutte le cause di cui all'art. 191 c.c., sicché non si vedrebbe perché, in caso di morte, introdurre un trattamento differenziato per i due coniugi.
Quindi, anche alla morte del coniuge (in comunione) non intestatario del conto, si apre la comunione de residuo sul conto corrente monointestato all'altro coniuge e sorge un diritto di credito (proprio, non per successione) del coniuge pre-morto sul 50% del saldo del conto di cui non era intestatario, che si trasferisce ai suoi eredi.
In tal caso, le donazioni operate dal coniuge sopravvissuto, apparentemente unico intestatario del conto, aventi ad oggetto valori eccedenti il 50% del conto, sono nulle per violazione dell'art. 771 c.c. ovvero per difetto di causa, in quanto donazioni dispositive di un bene altrui.