La Corte di cassazione, con due recenti ordinanze (Cass. 27.7.2025 n. 21566; Cass. 28.7.2025 n. 21638) ha affermato la deducibilità, dalla base imponibile dell'imposta di registro per la cessione d'azienda, del debito per TFR, maturato dai dipendenti della società la cui azienda è stata ceduta.
Ricordano le pronunce che, ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta di registro da applicare alla cessione d'azienda, il valore di questa deve essere individuato nel "valore venale" (art.51 co. 2 del DPR 131/86). Ma, a norma dell'art. 51 co. 4 del DPR 131/86 (vigente ratione temporis), la base imponibile va calcolata considerando il valore dei beni, compreso l'avviamento, "al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del Codice civile". Il valore dell'azienda va, quindi considerato al netto delle passività inerenti e la giurisprudenza ha già chiarito che l'inerenza non sussiste solo quando "le passività siano riferibili a operazioni idonee a produrre reddito, poiché la riferibilità di relazione non ai ricavi in sé, ma all'oggetto dell'impresa”: restano quindi escluse le passività "che non sono collegate all'oggetto del trasferimento" (Cass.2802/2024).
Nel caso di specie non può essere posto in dubbio il fatto che il debito contratto verso il personale dipendente - "la cui concreta attività risulta indissolubilmente correlata allo stesso svolgimento dell’attività di impresa" (Cass. 21179/2024) - sia inerente.