Con l'ordinanza 2.10.2025 n. 26553, la Corte di cassazione ha affermato che non è sufficiente la dimostrazione dell'astratta possibilità di ricomprendere un bene tra le spese di rappresentanza, inconsiderazione della sua natura, perché un professionista possa dedurre dal reddito di lavoro autonomo l'onere sostenuto per il relativo acquisto, ma occorre altresì provarne la destinazione a finalità non personali, ma promozionali dell'attività professionale.
Bisogna, in pratica, che gli esborsi sostenuti rispettino il requisito dell'inerenza.
Nel caso oggetto di giudizio, un professionista deduceva una serie di spese potenzialmente riconducibili nel novero di quelle di rappresentanza (es. acquisto di un'opera d'arte, corresponsione di un premio agli allievi di una scuola del Comune natale della madre), rispettando il citato limite di deducibilità dell'1%, ma non dimostrandone la destinazione.
Trattandosi di oneri che potevano essere stati sostenuti per finalità personali e non professionali, in assenza della prova dell'inerenza l'Agenzia ne contestava la deducibilità, ottenendo conferma delle proprie ragioni in tutti i gradi di giudizio.