La Corte di Giustizia dell'UE 7.3.2024 causa C-341/22 ha sancito che gli artt. 9 e 167 della direttiva2006/112/CE non consentono, rispettivamente, di negare la qualifica di soggetto passivo e il diritto alla detrazione dell'IVA, qualora l'importo delle operazioni effettuate, rilevanti ai fini dell'imposta, non raggiunga la soglia stabilita da una normativa nazionale, come quella italiana. Alla luce dell'interpretazione fornita dai giudici unionali, la Corte di cassazione ha disapplicato le penalizzazioni IVA previste dall'art. 30 della L. 724/94 stabilendo, fra l'altro, che i principi enunciati dalla Corte di Giustizia dell'UE si applicano anche:
-
alle società in perdita fiscale, equiparate a quelle di comodo ai sensi dell'art. 2 co. 36-decies e undecies del DL 138/2011 (conv. L. 148/2011), qualora tali disposizioni risultino ancora applicabili ratione temporis (cfr. Cass. 19.12.2024 n. 33424);
-
agli atti impositivi relativi a periodi d'imposta anteriori all'1.1.2007, ossia all'entrata in vigore della direttiva 2006/112/CE, poiché l'art. 9 di questa direttiva corrisponde pienamente all'art. 4 della previgente direttiva 77/388/CE e, in ogni caso, la Corte di Giustizia dell'UE ha fatto riferimento a postulati fondamentali che regolano il funzionamento dell'IVA, quali i principi di neutralità e proporzionalità (cfr. Cass. 27.5.2025 n. 14167).