L'Autore evidenzia come, in relazione alla rinuncia dei soci a crediti correlati a redditi tassati per cassa, permanga una divergenza tra:
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l'orientamento dell'Amministrazione finanziaria (C.M. 27.5.94 n. 73, § 3.20; ris. Agenzia delle Entrate124/2017; risposte interpello Agenzia delle Entrate 59/2025 e 182/2025), secondo cui "la rinuncia ai crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa (quali, ad esempio, i compensi spettanti agli amministratori e gli interessi relativi a finanziamenti dei soci) presuppone l'avvenuto incasso giuridico del credito e quindi l'obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare, anche mediante applicazione della ritenuta di imposta";
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il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. 12.6.2023 n. 16595, confermata da Cass. 4.6.2025 n. 14921 e da Cass. 16.7.2025 n. 19700), secondo cui l'orientamento della prassi ministeriale (tesi del c.d. incasso giuridico) non trova fondamento con riferimento al regime vigente dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 7.10.2015. Tale divergenza rende particolarmente complesso individuare il corretto trattamento da applicare nel caso in cui i soci non siano residenti. A tal riguardo, l'Agenzia delle Entrate (risposte a interpello 30.12.2021 n. 887 e 21.3.2022 n. 138) ha affermato che la previsione dell'art. 88 co. 4-bis del TUIR si applica anche ai soci non residenti.