Ai sensi dell'art. 7 co. 3 secondo periodo del D.lgs. 471/97, se la dichiarazione d'intento è stata rilasciata in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dell'omesso pagamento dell'IVA rispondono esclusivamente i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato tale dichiarazione. Tuttavia, la Corte di cassazione ha adottato un orientamento rigoroso che impone al fornitore di provare, qualora sia accertata la presenza di una dichiarazione d'intento ideologicamente falsa, di aver adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere per assicurarsi di non partecipare alla frode (fra le tante, Cass. 24.6.2025 n. 16923 e Cass. 11.5.2025 n. 12463). In aggiunta al riscontro telematico obbligatorio sull'avvenuto invio della dichiarazione d'intento all'Agenzia delle Entrate, è opportuno, pertanto, che il fornitore adotti alcuni accorgimenti (es. consultare una visura camerale relativa al cessionario o committente) per poter dimostrare la sua estraneità all'eventuale condotta fraudolenta della controparte.