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Conti correnti spie del Fisco

Pubblicato il 13 giugno 2011 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

La direttiva 1/2011 della Guardia di finanza e la circolare 21/2011 dell’agenzia delle Entrate hanno fatto registrare un incremento delle verifiche nei confronti dei professionisti con l'utilizzo delle indagini finanziarie. Molto spesso, in tal caso, si pretendono giustificazioni che il contribuente soggetto a controllo non riesce a fornire, specie quando si tratta di prelievo di denaro in contante. 

La normativa di riferimento è contenuta nell'articolo 32 del Dpr 600/73: dati ed elementi acquisiti in corso di indagini finanziarie sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti ai fini delle imposte sui redditi se il contribuente non dimostri di averne tenuto conto per la determinazione dell'imponibile o che non abbiano rilevanza. Prelievi o importi riscossi nell'ambito dei rapporti o delle operazioni oggetto di verifica vengono considerati come ricavi o compensi e utilizzati in sede di rettifica, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili. In ambito Iva, l’articolo di riferimento è il 52 del Dpr 633/72, che prevede, con riguardo sia ai versamenti che ai prelievi, che sono posti a base delle rettifiche se il contribuente non dimostri che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono a operazioni imponibili. Ma la dimostrazione a carico dell’accertato è resa difficoltosa non solo per la disciplina in sé, ma per la disomogeneità dei comportamenti degli uffici. Infatti, anche se la circolare in merito – la 32/E/2011 – dà precise indicazioni, spesso gli uffici non ritengono assolto l'onere probatorio con l'indicazione dell'effettivo beneficiario delle somme prelevate e procedono comunque alla contestazione di maggiori ricavi o compensi.

Il caso dell’estensione delle verifiche sui conti correnti dei professionisti, che non separano il conto corrente dell’attività da quello per le spese personali, registra molte perplessità. A distanza di molto tempo i verificatori chiedono giustificazioni ai prelievi, alle volte anche esigui, che per il contribuente sono difficili da ricostruire, proprio per il lasso di tempo trascorso. Non basta neanche sottolineare l’evidenza che i redditi dichiarati siano superiori alle somme spese. Eppure la circolare 32, oltre a consigliare tolleranza in tali casi, suggerisce ai verificatori di effettuare un’analisi critica del volume d’affari del professionista e del reddito per stabilire la soglia utile alla verifica.

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