Il trasferimento d'azienda a familiari non costituisce realizzo di plusvalenza dell'azienda stessa; ne consegue che in tali ipotesi, ed anche qualora il trasferimento avvenga a titolo oneroso, non va tassato, né ai fini delle imposte dirette né ai fini del registro, alcun avviamento commerciale.
E' il principio fissato dai giudici della Commissione tributaria regionale del Lazio nel testo della sentenza n. 555/01/2011 del 19 settembre 2011, dove è stato altresì spiegato che l'articolo 3, comma 25, della Legge n. 662/1996 – secondo cui “il trasferimento d'azienda per causa di morte o a titolo gratuito a familiari non costituisce realizzo di plusvalenza dell'azienda stessa; l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa” - pur essendo dettato per la determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, formulerebbe un principio di carattere generale sulla valutazione delle aziende cedute a familiari, per le quali “è negata l'esistenza di qualsiasi plusvalenza rispetto ai valori riconosciuti del dante causa”. Ed infatti, il trasferimento dal padre al figlio costituirebbe un mero “strumento di regolarizzazione amministrativa di circostanze di fatto che vedono il genitore in età avanzata ritirarsi dall'attività commerciale, con il subentro nell'attività stessa del figlio”.
weekly news 42/2011