La disciplina antielusiva dei beni di godimento alla luce delle modifiche apportate dalla manovra di ferragosto. Il nuovo dettato letterale del comma 1, lettera h-ter dell’articolo 61 del Tuir prevede che la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore, se già non abbia concorso alla formazione del reddito nell’ambito di altra categoria reddituale (reddito di lavoro dipendente), costituisce reddito diverso.
La finalità di tale disposizione è quella di individuare coloro che provano ad occultare il possesso di beni rilevanti ai fini del redditometro oltre che cercare di colpire il socio di riferimento della società che non abbia provveduto a deliberare la distribuzione di utili, per attenuare il prelievo ai fini Irpef sui dividendi. Il rischio, però, è che in tal modo vengano colpiti anche i soci possessori di partecipazioni non rilevanti.
Applicando letteralmente la nuova disposizione, se il reddito da lavoro dipendente è inferiore al canone di godimento di mercato si andrebbe incontro alla tassazione dell’eccedenza quale reddito diverso, ma resterebbe comunque da capire qual è la sorte del costo relativo ai beni ad uso promiscuo (per la parte eccedente l’ammontare che trova capienza nel reddito di lavoro dipendente o assimilato) che è deducibile ai sensi dell’articolo 95, comma 5 del Tuir. La norma vuole, infatti, che i costi relativi ai beni d’impresa concessi in godimento a soci per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non siano ammessi in deduzione dal reddito imponibile.
Dunque, nella diretta Map si è tentato di capire proprio in che modo la finalità antielusiva della disposizione in questione rischia di colpire – anche senza volerlo esplicitamente – i soci dipendenti e i loro familiari.
weekly news 42/2011