In un’azienda di grandi dimensioni, strutturata in direzioni autonome diffuse sul territorio e articolata su diversi livelli decisionali, la reazione del datore di lavoro di fronte ad una condotta inadempiente del lavoratore non deve essere necessariamente immediata. La reazione disciplinare del datore, infatti, può essere adottata anche non a immediato ridosso della condotta illecita tenuta dal lavoratore: l’intervallo temporale che può intercorrere può essere più o meno ampio e a volte anche consistente.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3062 dell’8 febbraio 2013, con cui i giudici di legittimità specificano che il requisito della tempestività dell’azione disciplinare da parte del datore di lavoro non deve essere applicato in termini statici e immutabili, per cui la reazione nei confronti degli addebiti deve essere sempre sollecita rispetto al fatto accaduto.
Pur richiamando il principio sancito dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, secondo cui l’azione disciplinare deve essere immediata, i Giudici hanno relativizzato tale regola adattandola al contesto reale della azienda in questione. Dunque, se da una parte è vero che devono sempre essere valutati i comportamenti inadempienti del lavoratore da cui deriva una responsabilità, dall’altra è evidente che non si può prescindere dalle situazioni oggettive che caratterizzano l’impresa e che, a volte, giustificano il decorso di un intervallo di tempo più ampio prima che il datore di lavoro reagisca. Ci si riferisce proprio alla grande dimensione dell’impresa o alla sua complessità organizzativa, caratterizzata a volte da una moltiplicazione dei livelli decisionali. In tali fattispecie, per i giudici è necessario che intervenga uno "spatium deliberandi" maggiore, prima che vengano adottate le dovute misure disciplinari e ciò senza che il presupposto dell’immediatezza della contestazione disciplinare sia necessariamente violato.
weekly news 08/2013