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Operazioni inesistenti e falsa fatturazione. Responsabilita' penale del fornitore e del cliente

Pubblicato il 10 luglio 2013 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Con la sentenza n. 29061 depositata il 9 luglio 2013, la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai titolari di due ditte individuali che erano stati condannati, nei precedenti gradi di merito, l'uno per avere emesso, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto, delle fatture soggettivamente false perché relative a forniture di veicoli effettuate da soggetti terzi esteri in sospensione di imposta, l'altro per aver utilizzato tali fatture nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni 2004 e 2005.

Così, con particolare riferimento alla posizione di quest'ultimo, la Terza sezione penale di Cassazione ne ha confermato la responsabilità penale ribadendo l'assunto secondo cui l'utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti, con riguardo all'Iva, comprende sia l'inesistenza oggettiva che soggettiva, ossia quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura. E' pacifico, secondo i giudici di legittimità, che per operazioni soggettivamente inesistenti debbano intendersi quelle in cui uno dei soggetti dell'operazione sia rimasto del tutto estraneo alla stessa, nel senso di non aver assunto, nella realtà, la qualità di committente o cessionario della merce o del servizio, ovvero di erogatore o percettore dell'importo della relativa prestazione.

Rigettata, altresì, la doglianza avanzata dall'imputato “cliente” della cartiera, secondo cui, ai sensi dell'articolo 8 del Decreto legge n. 16/2012, era da ritenere consentita la detraibilità incondizionata delle fatture emesse per operazioni inesistenti.

La Suprema corte, sul punto, ha spiegato che la disposizione citata si è “limitata a precisare una regola per le procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, stabilendo che non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell'ammontare non ammesso”; in ogni caso – conclude la Corte - “ciò non ha alcun riflesso sulle disposizioni penali relative all'incriminazione di condotte fraudolente”.

weekly news 28/2013

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