La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24738 del 4 novembre 2013 - Sesta Sezione Civile - accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Ctr Milano, che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere a seguito dello sgravio disposto dall’ufficio.
Per la Suprema Corte è il giudice di secondo grado ad aver sbagliato nel dichiarare la cessazione della materia del contendere basandosi esclusivamente sull’iscrizione a ruolo delle somme riportate sulla cartella di pagamento a seguito dell’accoglimento, da parte del giudice di primo grado, del ricorso prodotto dal contribuente.
Nelle cause intentate contro il Fisco, il semplice sgravio di una cartella di pagamento non ha come effetto automatico la conseguente cessazione della materia del contendere, essendo necessario, affiche tutto ciò avvenga, l’emissione di un atto univoco di acquiescenza da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Per tale ragione, la Ctr avendo agito in assenza di "atti precisi e univoci di acquiescenza", ma semplicemente sulla base di uno sgravio effettuato dal Fisco è incorsa nella violazione dell’articolo 46 del DLgs. n. 546 del 1992.
Ciò in quanto – a detta dei giudici di Cassazione - lo sgravio della cartella disposto provvisoriamente sulla base della decisione di primo grado favorevole al contribuente non produce alcun effetto sull’avviso di liquidazione, a meno che questo atto non sia stato annullato in autotutela. Quindi, per la corretta cessazione della materia del contendere è necessario che le parti abbiano preso atto della mutata situazione sostanziale portata in giudizio. E' sufficiente che una sola delle due parti non aderisca perché non possa essere emessa una pronuncia di cessazione.