La Corte di cassazione, con ordinanza n. 25120 depositata il 7 novembre 2013, ha accolto, con rinvio per un nuovo esame di merito, il ricorso presentato dall'agenzia delle Entrate contro la decisione con cui la Commissione tributaria provinciale aveva annullato l'avviso di accertamento che era stato notificato ad un contribuente sulla base di alcune verifiche sul proprio conto corrente.
L'amministrazione finanziaria, in particolare, aveva desunto che i movimenti ingiustificati rilevati sul conto del contribuente equivalessero a ricavi in nero della società per la quale lo stesso svolgeva attività di amministratore. Il contribuente si era, quindi, difeso asserendo di svolgere attività di amministratore solo in forma di collaborazione coordinata e continuativa.
I giudici di legittimità, tuttavia, hanno aderito alle argomentazioni del Fisco evidenziando come, in materia di accertamento delle imposte sui redditi, i dati e gli elementi che risultano dai conti correnti bancari sono sempre rilevanti se il titolare di detti conti non fornisca un'adeguata giustificazione per come sancito dall'articolo 32 del Dpr n. 600/73. E detta previsione, insieme a quella desumibile dall'articolo 38 del medesimo Dpr – si legge nel testo della decisione - hanno portata generale, in quanto riguardano la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell'attività svolta dal contribuente