La Corte di Cassazione, con sentenza 25526 del 13 novembre 2013, si pronuncia, confermandone la legittimità, sulla sentenza con cui la Corte di appello di Roma ha sostenuto l’annullamento di alcuni anni di contributi in capo ad un professionista per incompatibilità con l’esercizio della professione di dottore commercialista, deciso a sua volta dalla Cassa previdenziale dei dottori commercialisti.
Il protagonista della vicenda era stato, infatti, in quegli anni socio di una società in accomandita semplice.
La Cassazione ha riconosciuto alla Cassa il potere di controllo su “elementi rilevanti quanto all’iscrizione e alla contribuzione”, previsto dall’art. 20 della legge sulla Cassa dei dottori commercialisti, la n. 21/1986.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il taglio delle annualità contributive al dottore commercialista che per anni abbia rivestito il ruolo di socio accomandatario nella società in accomandita semplice.