Non è ammesso a votare il socio che non ha eseguito il pagamento della propria quota nel termine prescritto; e ciò a prescindere anche dall'eventuale atto di costituzione in mora.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 585 depositata il 15 gennaio 2015, pronunciata relativamente ad una vicenda in cui era stata avanzata richiesta di annullamento di una delibera assembleare, assunta in assenza di uno dei soci.
Quest’ultimo, infatti, si era visto escludere dal diritto di voto, per non aver effettuato, nei termini, il versamento della sua quota di capitale sociale.
Mentre, in primo grado, il Tribunale aveva ritenuto che il socio fosse stato legittimamente escluso perché moroso, i giudici di gravame avevano ribaltato la decisione escludendo che il medesimo fosse privo del diritto di voto poiché, pur essendo indiscusso il suo inadempimento, la società non aveva provveduto alla sua costituzione in mora.
A detta della Cassazione, tuttavia, la Corte d’Appello aveva errato nel valutare che fosse necessaria, ai fini della esclusione al voto, anche la costituzione in mora, non rinvenibile nel caso di specie.
Ed infatti, secondo i giudici di legittimità, il diritto di voto in assemblea non può essere esercitato dal socio moroso, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno uno specifico atto di costituzione in mora o l’intimazione di una diffida ad eseguire il pagamento entro trenta giorni.
La diffida ad adempiere, in tale contesto, ha la sola finalità di dare inizio alla procedura di vendita in danno dell’intera quota sottoscritta, ferma restando, tuttavia, la decadenza dall’esercizio del diritto di voto.