Con sentenza n. 24960 depositata il 16 giugno 2015, la Corte di cassazione ha confermato il sequestro per equivalente disposto dai giudici di merito sul complesso dei beni aziendali di una Srl e sui beni di proprietà di due soci di quest'ultima sino alla concorrenza del debito tributario vantato dall'Erario, soci indagati per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Questi ultimi si erano opposti alla legittimità della misura per inesistenza o apparenza assoluta della motivazione, sostenendo, in primo luogo, che il provvedimento ablatorio avrebbe dovuto essere limitato nei limiti del credito erariale fatto valere e, in secondo luogo, che la decisione impugnata non fosse legittima per violazione del disposti di cui all'articolo 2495 del Codice civile in quanto, trattandosi di società cancellata dal registro delle imprese, nessun credito poteva essere fatto valere, salvo il caso che la cancellazione non fosse stata a sua volta rimossa e cancellata.
Tesi non condivisa dalla Corte di legittimità la quale ha sottolineato come, nel caso in esame, non ricorresse il lamentato vizio dell'assenza di motivazione o di sua apparenza in quanto il Tribunale del riesame aveva chiarito come la questione sottoposta alla sua valutazione fosse quella della legittimità di un sequestro per equivalente dei beni degli indagati sino alla concorrenza del credito tributario.
Questione che era stata risolta nel senso indicato nel provvedimento di riesame avendo il Tribunale correttamente affermato la possibilità di procedere a tale forma di sequestro una volta dato atto della impossibilità di apprendere il profitto del reato.
Inoltre, a parere della Suprema corte non ricorreva affatto la lamentata lesione della norma civilistica, per come ben specificato nelle motivazioni dal Tribunale del Riesame.
Per quel che rileva in sede di legittimità – si legge nel testo della decisione – non è tanto il credito erariale vantato dallo Stato, quanto il diritto all'apprensione in via cautelare di somme costituite dal profitto del reato corrispondente al risparmio di imposta che ben può essere esteso ai soci sotto forma di sequestro per equivalente per un valore corrispondente al profitto nel caso, come nella specie, in cui sia impossibile apprendere direttamente il profitto medesimo.
Nello specifico, si era trattato della sottrazione, attraverso operazioni di facciata, di cospicue risorse fiscali che non potevano che essere recuperate attraverso l'istituto previsto dall'articolo 322 ter del Codice penale.