Con la sentenza n. 17742 depositata l'8 settembre 2015, le Sezioni Unite della Cassazione intervengono sulla norma di interpretazione autentica della legge 147/2013, ed in particolare sulle delibere delle Casse di previdenza private che comportano tagli alle prestazioni.
Si spiega la differenza di applicazione della norma per chi è andato in pensione entro il 2006 e chi dal 2007 in poi. In sostanza, rispetto ai secondi, per i primi il pro rata, con la salvaguardia di quanto accumulato, è applicato in modo rigido. Dunque, per i pensionati fino a tutto il 2006 le delibere delle Casse dovevano attenersi al criterio del pro rata, applicando eventuali criteri restrittivi solo sui segmenti della pensione ancora da maturare, senza intaccare i calcoli relativi al passato.
Infatti, la Cassazione, nel merito, stabilisce che gli enti di previdenza privatizzati, nel regime dettato dalla legge n. 335/1995, non possono adottare provvedimenti che impongano un massimale al trattamento pensionistico ante 2007, trovando applicazione:
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per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007, il principio del pro rata, di cui alla formulazione originaria dell’art 3, comma 12, della stessa legge n. 335 del 1995 (applicazione rigorosa del principio del pro rata);
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per i trattamenti maturati dopo il 1° gennaio 2007, i criteri introdotti dall'art. 1, comma 763, della legge 296 del 27 dicembre 2006, fatti salvi gli atti e le delibere in precedenza approvati da detti enti, come chiarito dall’art. 1, comma 488, della legge 147 /2013.
Ne deriva che la legge 147/2013, norma di interpretazione autentica con effetti retroattivi, fa salve le delibere degli enti privatizzati che hanno applicato il modo flessibile il criterio del pro rata, ossia la salvaguardia di quanto maturato fino all’introduzione di criteri di calcolo più restrittivi, solo per i pensionati e per le deliberazioni dal 2007.