E' legittimo tassare un erede che, sebbene abbia formalmente rinunciato all'eredità, abbia in seguito presentato la dichiarazione dei redditi per conto del de cuius, costituendo ciò un'accettazione tacita.
E' ciò che ha affermato la Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta con sentenza n. 589/01/2015 del 6 luglio 2015, con cui ha respinto il ricorso di un soggetto, volto ad ottenere la nullità/annullamento di un avviso di liquidazione notificatogli dall'Agenzia delle entrate, in qualità di erede del debitore.
Lamentava il ricorrente che, avendo egli rinunciato all'eredità in questione, nessun atto ad essa afferente poteva essergli notificato.
Invero – aveva ribattuto l'amministrazione finanziaria – l'odierno ricorrente aveva in realtà presentato, in epoca successiva alla rinuncia, una dichiarazione dei redditi intestata al defunto, inserendo tra l'altro, nella parte riservata "a chi presenta la dichiarazione per altri", il proprio nome ed il proprio codice fiscale.
Ora - ha precisato la Ctp nel respingere il ricorso – la rinuncia all'eredità non fa venir meno la delazione del chiamato e non è pertanto ostativa ad una successiva accettazione, che può essere anche tacita, allorquando il comportamento del rinunciante sia incompatibile con la volontà di non accettare la vocazione ereditaria.
In particolar modo, la dichiarazione dei redditi – che non è atto di gestione dovuto ma facoltativo e che presuppone l'acquisizione della qualità di erede – ben può annoverarsi tra gli atti concludenti di accettazione tacita.
Pertanto nel caso di specie – conclude la Commissione – deve ritenersi che l'attuale ricorrente, mediante dichiarazione dei redditi per conto del defunto, abbia implicitamente manifestato la volontà di accettarne l'eredità; sicché l'Agenzia delle entrate si è correttamente rivolta a lui per richiedere il pagamento del debito facente capo al suo dante causa.