Le società hanno, come tutte le persone giuridiche, capacità generale, ossia la capacità di essere parte di qualsiasi atto o rapporto giuridico, anche non inerente l’oggetto sociale, tranne quegli atti che presuppongono l’esistenza di una persona fisica. Ed infatti, non avendo la legge stabilito specifiche limitazioni, le società hanno capacità giuridica e capacià di agire, talchè la determinazione dell’oggetto sociale nell’atto costitutivo non comporta alcuna limitazione alla capacità delle società stesse che rimangono capaci anche se trascendono e addirittura se tradiscono il loro scopo. Del resto, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere come presupposta la generale capacità giuridica e di agire delle società, anche rispetto ad atti a titolo gratuito o con spirito di liberalità, salva la tutela dei terzi e dei creditori, alle condizioni stabilite, e salva la responsabilità varia degli amministratori.
L’oggetto sociale non è un limite
E secondo un’interpretazione ormai consolidata, l’oggetto sociale non costituisce un limite alla capacità della compagine, quanto piuttosto un limite al potere deliberativo e rappresentativo degli organi sociali. In definitiva, le società non hanno una capacità speciale limitata al compimento di quegli atti strumentali rispetto all’oggetto sociale, bensì una capacità generale a partecipare a qualsiasi atto o rapporto giuridico, tranne quelli – si ribadisce – che presuppongono l’esistenza di una persona fisica. E’ quanto precisato dai giudici di Cassazione nel testo della sentenza n. 18449 del 21 settembre 2015 e con cui è stata respinta la censura avanzata da parte ricorrente e volta a far valere la nullità “genetica” di un atto di donazione per asserita incompatibilità tra la causa dell’atto di liberalità e la causa del contratto di società.