In caso di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, prima del Jobs Act spettava un’indennità a forfait. La Legge n. 92/2012 (art. 1, comma 13), con chiara norma di interpretazione autentica, ha stabilito che l’indennità di cui al comma 5 dell’art. 32 della Legge 4 novembre 2010, n. 183, ristora per intero il pregiudizio subìto dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro. Successivamente, in attuazione della delega di cui alla Legge n. 183/2014, il D.Lgs. n. 81/2015, nel disporre un riordino del contratto di lavoro a tempo determinato dettando una disciplina organica dello stesso, all’art. 28, commi 2 e 3, ha regolato l’indennità prevista per i casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato e all’art. 55, lett. f) ha abrogato i commi 5 e 6 della Legge n. 183/2010. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21266 del 20 ottobre 2015, ha affermato che la nuova disciplina ha carattere innovativo e, quindi, è idonea a configurare una reale ipotesi di successione di leggi e non una mera riformulazione della medesima disciplina pregressa.
Considerando l’assenza di una specifica disposizione transitoria che riconosca espressamente un’efficacia retroattiva alla nuova norma, la Corte conclude nel senso della irretroattività della stessa e dell’applicabilità della nuova disciplina soltanto ai contratti di lavoro stipulati dal 25 giugno 2015 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015).Si applica, invece, la pregressa disciplina di cui all’art. 32 della Legge n. 183/2010, in relazione ai “giudizi pendenti” relativi ai contratti precedenti.