La legge di Stabilità 2015 (L.n. 190/2014) ha introdotto un particolare sistema di liquidazione dell’IVA (cosiddetto “split payment”), in base al quale, nelle operazioni effettuate nei confronti di alcuni enti pubblici, il versamento dell’Imposta sul valore aggiunto deve essere effettuato dagli enti e non, come di regola accade, dai soggetti IVA che forniscono loro beni e servizi. Pertanto, le PA pagano direttamente ai fornitori solo i corrispettivi dei beni e dei servizi acquistati, provvedendo a versare l’IVA all’Erario.
Si ricorda che tale nuovo sistema di liquidazione dell'IVA è stato autorizzato dal Consiglio Ue, ma solo per il triennio compreso fra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017.
L'applicazione di tale meccanismo, nel suo primo anno di vita, ha avuto delle ripercussioni concrete sulle imprese fornitrici degli enti pubblici, fra cui l’insorgenza per tali soggetti di rilevanti crediti d’imposta.
Assonime, con la circolare n. 34 del 21 dicembre 2015, ha analizzato le disposizioni più significative che regolano il nuovo meccanismo di liquidazione dell'IVA, tenendo conto anche dei chiarimenti offerti dall'Agenzia delle Entrate.
Perchè è stato previsto il meccanismo dello split payment?
Assonime, inizia con il ricordare che la procedura di scissione tra il pagamento del corrispettivo dovuto dall'ente pubblico al fornitore e il versamento dell'imposta, che lo stesso deve fare all'Erario, è stata una misura prevista dal legislatore per contrastare l'evasione fiscale, analogamente a quanto previsto con l'applicazione del meccanismo del reverse charge, sia a livello comunitario che nazionale.
I due sistemi sono però alternativi tra loro, con la conseguenza che a volte possono sorgere difficoltà applicative come nel caso della fattispecie in cui un ente pubblico acquisti beni o servizi rientranti, in linea di principio, nel meccanismo del reverse charge, ma gli stessi beni sono destinati in parte all'attività commerciale ed in parte a quella istituzionale.
In caso di utilizzo promiscuo, il fornitore deve chiedere all’ente pubblico se il servizio/bene sia destinato alla sfera istituzionale o a quella commerciale e, di conseguenza, applicare, nel primo caso, il meccanismo dello split payment, e, nel secondo caso, il meccanismo del reverse charge.
Nella circolare n. 34/2015, Assonime precisa che in assenza di comunicazione oppure di comunicazione erronea sembra “logico ritenere che la non corretta fatturazione delle operazioni in parola, imputabile alla mancata o erronea comunicazione da parte dell’ente pubblico della destinazione dell’acquisto effettuato, non possa comportare sanzioni a carico del fornitore, purché l’IVA sia stata assolta, anche se irregolarmente”. Sul punto si auspica comunque, un chiarimento da parte del Fisco.
Aspetti operativi
Oltre che gli aspetti applicativi della disciplina dello split payment, la circolare di Assonime passa in rassegna anche le difficoltà operative che stanno riscontrando i fornitori degli enti pubblici, penalizzati soprattutto dai ritardi che contraddistinguono i rimborsi dei crediti IVA, che stanno dando luogo a preoccupanti fenomeni di mancanza di liquidità.
A ciò si deve poi aggiungere anche il fatto che, spesso, tali soggetti pongono in essere anche operazioni che rientrano nel regime ordinario Iva e, dunque, devono adottare differenti sistemi contabili di gestione e liquidazione del tributo, con conseguenti ulteriori costi.