L’ordinaria diligenza cui il notificante deve attenersi per vincere l’ignoranza circa il recapito del destinatario di un atto va valutata secondo parametri di normalità e buona fede e non comporta il dovere di compiere ogni indagine idonea in astratto ad acquisire le notizie necessarie per eseguire materialmente la notifica (Cassazione, 24958/2015).
La Cassazione ha accolto l’esposta doglianza, rilevando che, erroneamente, il giudice del merito aveva ritenuto insufficiente la prova della irreperibilità della società contribuente, sulla scorta di una asserita inidoneità delle ricerche effettuate e nonostante la relata desse conto dell’effettuazione di ricerche volte a individuare il recapito del destinatario.
In generale, ricorda l’ordinanza in commento, in materia di notificazione a soggetto “irreperibile”, vige il principio per il quale l’ordinaria diligenza, per cui il notificante è tenuto a conformare la propria condotta quando vi sia incertezza sull’effettivo recapito del destinatario, deve essere valutata “in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell’articolo 1147 codice civile e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all’acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell’articolo 139 codice procedura civile, anche sopportando spese non lievi e attese di non breve durata”.
Pertanto, prosegue la Corte, devono considerarsi adeguate le ricerche svolte nei luoghi “in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari e interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l’attuale suo domicilio (residenza o dimora)”.