Il passaggio generazionale nell’impresa individuale comporta rilevanti ricadute sul piano fiscale, sia nel comparto delle imposte dirette che nell’Iva. La comprensione delle problematiche fiscali, infatti, presuppone l’applicazione dei principi del diritto civile. Sotto quest’ultimo aspetto, la distinzione di carattere generale discende dalla decisione degli eredi di proseguire o meno l’attività del de cuius. Nel Tuir, le previsioni di riferimento sono contenute negli articoli 58 e 67. Secondo la prima disposizione, in caso di acquisizione dell’azienda a titolo gratuito o per causa di morte, non emergono plusvalenze imponibili in capo al dante causa. I valori di carico dell’azienda nei riguardi degli eredi, inoltre, sono i medesimi fiscalmente riconosciuti nei confronti del de cuius. Il passaggio avviene quindi in neutralità fiscale. La previsione dell’articolo 58 dispone altresì che la medesima neutralità trova applicazione anche qualora, entro cinque anni dalla successione, la società tra ceoeredi si sciolga con attribuzione dell’azienda ereditata ad uno solo di essi. Se gli eredi non intendono proseguire l’attività, le disposizioni di riferimento sono contenute nell’articolo 67, lettera h-bis), Tuir. Ci si sposta quindi nell’ambito dei redditi diversi, con l’effetto che l’Irpef sarà dovuta solo in caso di cessione dei singoli beni aziendali o dell’azienda nel suo complesso. In tale eventualità, l’importo da dichiarare sarà pari alla differenza tra il corrispettivo di cessione e il valore fiscalmente riconosciuto dei beni aziendali, in capo al de cuius. Potrebbe anche accadere che l’azienda ereditata fosse oggetto di affitto da parte del de cuius. In questo caso, se l’affitto prosegue, tra gli eredi si realizza una mera comunione ereditaria, non essendoci svolgimento di attività d’impresa. Ciascun erede dovrà dichiarare come reddito diverso, secondo quanto previsto dall’articolo 67, lettera h), Tuir, la quota parte del canone di locazione.