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Cfc black list nella stretta del «radicamento»

Pubblicato il 07 novembre 2016 Il Sole 24 Ore ; Italia Oggi


La nuova disciplina delle cd. Cfc rules «black list», contenuta nell’articolo 167, Tuir, stabilisce al comma 4 un criterio innovativo mediante il quale individuare gli Stati o territori extra-See nei quali si presume che il radicamento sia mosso da ragioni di ordine elusivo o, comunque, da un abuso del diritto di stabilimento. Tuttavia, la nuova disposizione, oltre a poggiare su un criterio semplicistico, è anche gravata da interpretazioni restrittive in materia di “esimenti”, che producono effetti penalizzanti anche per le imprese industriali effettivamente radicate all’estero. In ipotesi di insediamenti di tipo industriale la disapplicazione della norma dovrebbe essere quindi garantita, a fronte di ingenti investimenti infrastrutturali e dell’assunzione di manodopera locale (peraltro contribuendo, così, anche alla crescita economico-sociale dei Paesi in via di sviluppo e al contenimento dei flussi migratori). Tuttavia, più in dettaglio, la circolare n. 51/E/2010 afferma che «il riferimento al “mercato” è normalmente da intendersi come collegamento al mercato di sbocco o al mercato di approvvigionamento. Pertanto la circostanza che la Cfc non si rivolge al mercato locale né in fase di approvvigionamento, né in fase di distribuzione, costituisce un indizio del mancato esercizio da parte della stessa di un’effettiva attività commerciale nel territorio di insediamento». Tale concetto è stato quindi declinato nella prassi amministrativa in termini di prevalenza dei volumi di acquisto da fornitori locali (o dell’area geografica di influenza circostante) rispetto al totale, ovvero dei volumi di vendita a clienti locali (o dell’area geografica di influenza circostante) rispetto al totale, così che gli insediamenti produttivi destinati a produrre, trasformare o assemblare beni importati nello Stato estero per essere immessi nel processo produttivo, rivendendoli poi su base globale, non si troverebbero nella condizione di poter far valere, con certezza, tale esimente, dovendo produrre altri – tuttavia non ben definiti – riscontri probatori, risultando così gravati dall’esito incerto delle istanze di interpello o dei contraddittori in sede di verifica.La nuova disciplina delle cd. Cfc rules «blacklist», contenuta nell’articolo 167, Tuir, stabilisce al comma 4 un criterioinnovativo mediante il quale individuare gli Stati o territori extra-See neiquali si presume che il radicamento sia mosso da ragioni di ordine elusivo o,comunque, da un abuso del diritto di stabilimento. Tuttavia, la nuovadisposizione, oltre a poggiare su un criterio semplicistico, è anche gravata dainterpretazioni restrittive in materia di “esimenti”, che producono effettipenalizzanti anche per le imprese industriali effettivamente radicateall’estero. In ipotesi di insediamenti di tipo industriale la disapplicazionedella norma dovrebbe essere quindi garantita, a fronte di ingenti investimentiinfrastrutturali e dell’assunzione di manodopera locale (peraltro contribuendo,così, anche alla crescita economico-sociale dei Paesi in via di sviluppo e alcontenimento dei flussi migratori). Tuttavia, più in dettaglio, la circolare n.51/E/2010 afferma che «il riferimento al “mercato” è normalmente da intendersicome collegamento al mercato di sbocco o al mercato di approvvigionamento.Pertanto la circostanza che la Cfc non si rivolge al mercato locale né in fasedi approvvigionamento, né in fase di distribuzione, costituisce un indizio delmancato esercizio da parte della stessa di un’effettiva attività commercialenel territorio di insediamento». Tale concetto è stato quindi declinato nellaprassi amministrativa in termini di prevalenza dei volumi di acquisto dafornitori locali (o dell’area geografica di influenza circostante) rispetto altotale, ovvero dei volumi di vendita a clienti locali (o dell’area geograficadi influenza circostante) rispetto al totale, così che gli insediamentiproduttivi destinati a produrre, trasformare o assemblare beni importati nelloStato estero per essere immessi nel processo produttivo, rivendendoli poi subase globale, non si troverebbero nella condizione di poter far valere, concertezza, tale esimente, dovendo produrre altri – tuttavia non ben definiti – riscontriprobatori, risultando così gravati dall’esito incerto delle istanze diinterpello o dei contraddittori in sede di verifica.

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