La mobilità dei lavoratori, sia in ambito nazionale, sia internazionale, è sempre più centrale nella dinamica produttiva delle imprese italiane. Mentre per il lavoratore in trasferta l’articolo 51, comma 5, D.P.R. 917/1986 detta una articolata disciplina per le indennità e i rimborsi attribuiti, per il trasfertista il comma 6 prevede esclusivamente l’esenzione del 50% per le indennità e le maggiorazioni di retribuzione corrisposte (la norma, dunque, non accorda alcun trattamento di favore per i rimborsi spese). Sul tema si rileva una novità contenuta nella legge di conversione del D.L. 193/2016 (il decreto fiscale, L. 225/2016) che, all’articolo 7-quinquies, reca una norma di interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti, specificando che l’articolo 51, comma 6, Tuir si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina sono quelli per i quali sono presenti contestualmente le seguenti condizioni: i) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; ii) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; iii) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si sia effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si sia svolta.
Nel caso in cui tutte le condizioni non si realizzano il lavoratore ha diritto a vedersi riconosciuto, in alternativa al regime di cui al comma 6, articolo 51, Tuir, il trattamento delle indennità di trasferta previsto dal comma 5.