Il nuovo regime “di cassa” per i contribuenti in contabilità semplificata, previsto dal 1° gennaio 2017 dal nuovo articolo 66, Tuir, pone numerose questioni applicative. Tra queste spicca un interrogativo circa l’obbligo della tenuta dell’inventario di magazzino, in cui annotare, ai sensi dell’articolo 15, D.P.R. 600/1973, «la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e il valore attribuito a ciascun gruppo». L’irrilevanza, tra i componenti reddituali, delle giacenze di magazzino – con l’eccezione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 18, Legge di Bilancio 2017 relativamente al primo esercizio successivo a quello in cui, per l’ultima volta, è stato applicato il principio di competenza – ha portato a trarre conclusioni che non paiono del tutto condivisibili. Si sostiene, infatti, che, in conseguenza della citata irrilevanza, l’impresa in contabilità semplificata non effettuerebbe più l’inventario di fine anno, con conseguente maggiore difficoltà negli accertamenti da parte degli organi verificatori, in particolare per tutte quelle forme di accertamento analitico-induttivo (per le imposte dirette ex articolo 39, comma 1, lettera d, D.P.R. 600/1973 e per l’Iva ex articolo 54, comma 2, D.P.R. 633/1972) che si basano in parte sulla contabilità aziendale (generalmente proprio sulle giacenze) e in parte su elementi presuntivi (consumi medi, eccetera). Se così fosse, il regime acquisirebbe maggiore appeal, poiché tali forme di ricostruzione indiretta dei ricavi risultano attualmente (dopo il “tramonto” degli accertamenti da studi di settore) tra le più utilizzate nelle verifiche “sul campo” a carico di commercianti e pubblici esercizi. Presumibilmente, tuttavia, si tratta di una conclusione affrettata.