Il soggetto passivo che ha applicato indebitamente l'Iva può chiederne la restituzione all'Erario entro due anni dal pagamento, ma se l'indebito è stato accertato dall'amministrazione il termine decorre dalla data di restituzione dell'imposta al cliente. Pertanto, ad esempio, se l'Agenzia delle entrate ha recuperato nei confronti del cessionario/committente la detrazione dell'imposta indebitamente fatturata dal cedente in relazione a un'operazione esente, quest'ultimo, dopo avere restituito l'imposta al cliente, avrà due anni di tempo per chiederne il rimborso all'erario. Queste (parzialmente innovative) disposizioni, introdotte a tutela del principio di neutralità dell'Iva dall'articolo 8, L. 167/2017 (Europea 2017), in vigore dal prossimo 12 dicembre, non potranno però trovare applicazione nel caso di condotte fraudolente: infatti, «la restituzione dell'imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale». Una limitazione, questa, che sembra improntata al principio generale del divieto di avvalersi in maniera fraudolenta o abusiva del diritto dell'Unione Europea, che legittima gli stati membri, in tale circostanza, a denegare qualsiasi diritto che trovi fondamento nelle disposizioni dell'ordinamento unionale, ad esempio i diritti di detrazione, rimborso ed esenzione previsti dalla direttiva Iva (Corte di Giustizia UE, sentenza 18 dicembre 2014, cause riunite C 131/13, C 163/13 e C 164/13).