La Legge di Bilancio (205/2017) ha rivisto l’interpretazione del meccanismo di applicazione dell’Iva nel settore delle riparazioni e ristrutturazioni delle abitazioni private. Il chiarimento riguarda la quantificazione dei beni definiti “significativi” (e definiti da un D.M.) e ceduti nell’ambito degli interventi di recupero edilizio, per i quali, in base a quanto disposto dalla normativa unionale e interna, è prevista l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata del 10%. Per ciò che riguarda la quantificazione del bene significativo, l’intervento del Legislatore sembra essere mirato ad arginare il rischio della discrezionalità delle parti contraenti. Sebbene il riferimento sia al valore indicato nell’accordo contrattuale, sono fissate soglie minime che esso non può oltrepassare. Se il bene significativo fornito nell’ambito dell’intervento di ristrutturazione è prodotto dal prestatore stesso, la soglia è fissata nel valore di produzione del bene, ovvero materie prime e manodopera di produzione. Nel caso in cui, invece, il prestatore acquista da terzi il bene significativo, il limite consiste nel valore di acquisto del bene. In altre parole, nelle due fattispecie bisogna far riferimento al valore del bene “a monte” dell'operazione (costo d'acquisto o costo di produzione), escludendo il mark-up applicato “a valle” al cliente. Quanto alla richiesta della norma di indicare separatamente in fattura il valore del bene significativo, l'intervento è giustificato dal fatto che fino a questo momento a prevedere l’obbligo era esclusivamente un documento di prassi (circolare n. 71/E/2000), che non ha da solo il potere di introdurre adempimenti, obblighi ed oneri aggiuntivi in capo al contribuente.