Le verifiche sulla spettanza dei crediti maturati dai contribuenti inciampano sui termini d’accertamento. Può succedere, in particolare, per i crediti Iva. Mediante gli «atti di recupero del credito d’imposta» (artico-lo 1, comma 421, L. 311/2004) l’Amministrazione finanziaria procede alla «riscossione di crediti indebitamente utilizzati, in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17, D.Lgs. 241/1997». Questi atti sono utilizzati per accertare e sanzionare gli utilizzi dei crediti Iva in compensazione esterna per un importo eccedente il limite massimo previsto dall’articolo 34, L. 388/2000 (516.456,90 euro fino al 2013 e 700.000 dal 2014). In presenza di crediti esistenti irregolarmente utilizzati, quindi, come nel caso del credito Iva cristallizzato in dichiarazione ma utilizzato in compensazione esterna nell’anno solare oltre i limiti previsti dalla norma, l’ufficio pretende (erroneamente) di beneficiare di 8 anni per notificare l’atto, riaprendo annualità ampiamente prescritte. Prima di avviare il contenzioso, è possibile richiedere l’annullamento dell’atto in autotutela in quanto illegittimo per inesistenza della pretesa (ricordando che l’istanza di autotutela non sospende i termini per il ricorso).