La legge di bilancio ha introdotto la possibilità per la lavoratrice dipendente di scegliere di fruire integralmente dei cinque mesi di astensione obbligatoria di maternità a decorrere dal giorno successivo al parto.
La possibilità di derogare alla fruizione classica del congedo ( due mesi prima del parto e tre mesi dopo) non è una novità , in quanto già l'articolo 20 del Dlgs 151/2001, attraverso l'istituto della flessibilità, prevede la facoltà per la donna in buona salute di differire al massimo di un mese l'inizio del periodo di astensione, riducendo così a un mese il congedo ante partum ed elevando a quattro mesi il congedo post partum.
La previsione contenuta nella legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 485), di fatto rimuove quell'unico mese del congedo pre parto, con la conseguenza che tutto il congedo obbligatorio diventa post partum e quindi pari a complessivi cinque mesi.
Tale modalità viene descritta dalla legge come alternativa a quella di cui al comma 1 dell'articolo 16 del Dlgs 151/2001, e cioè quella che prevede il divieto, penalmente sanzionato, per il datore di lavoro di adibire la donna al lavoro nei due mesi prima del parto e nei tre mesi successivi. In caso di utilizzazione classica , così come in caso di utilizzazione flessibile (un mese prima e quattro mesi dopo) è tuttavia previsto il divieto di lavorare anche per i giorni non goduti prima del parto, qualora quest'ultimo avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta.
Tali giorni, secondo la lettera d) del comma 1 dell'articolo 16 si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi indicati dalle lettere a e c (quindi i due mesi prima e i tre dopo) superi il limite complessivo di cinque mesi. Nel caso di utilizzo secondo la modalità prevista dalla legge di bilancio 2019 il periodo sarebbe sempre di cinque mesi esatti, indipendentemente dalla discordanza tra data presunta e data effettiva del parto.
Ovviamene, come già era previsto per l'astensione flessibile, la nuova modalità è subordinata alla condizione che il medico del servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, o il medico aziendale, espressamente certifichi che la permenanenza al lavoro non rischia di nuocere alla salute della lavoratrice o del bambino. La nuova modalità di fruizione di fatto sposta sul medico tutte le responsabilità connesse alla prosecuzione dell'attività lavorativa da parte della donna, fino - paradossalmente - al giorno del parto.
Nell'attesa che siano affrontati, con una circolare ministeriale o dell'Inps, tutti i riflessi che questa modalità di fruizione può comportare, si può dire che essa non dovrebbe mai determinare il superamento dei cinque mesi di fruizione, possibilità invece introdotta dal Jobs act in caso di parto fortemente prematuro avvenuto cioè prima dell'inizio del congedo pre parto (cioè prima dell'inizio dell'ottavo mese).
Sempre in tema di maternità, il comma 278 dell'articolo 1 della legge 145/2018 proroga per il 2019 il congedo obbligatorio del padre, elevandone la durata da quattro a cinque giorni. Il congedo, introdotto per la prima volta dall'articolo 4, comma 24, della legge 92/2012 come misura sperimentale, è stato oggetto di numerose proroghe e continua anche nel 2019 a essere gestito come tale.
Viene elevato il numero dei giorni in cui il padre è obbligato ad assentarsi in ragione della nascita del figlio (o dell'adozione/affidamento di un figlio minore), che dal 2019 è pari a 5 (originariamente erano due giorni, poi elevati a quattro nel 2018). I 5 giorni, come in passato, dovranno essere fruiti entro i 5 mesi dalla nascita o dall'ingresso del figlio adottivo in famiglia. Viene altresì confermata per il 2019 la misura del congedo facoltativo per il padre, pari a un giorno, da fruire in sostituzione della lavoratrice madre, che dovrà espressamente rinunciare ad un giorno del proprio congedo di maternità.
Infine la legge di bilancio, introducendo il nuovo comma 3 bis dell'articolo 18 della legge 81/2017 (Jobs act del lavoro autonomo), introduce l'obbligo per i datori di lavoro che stipulino accordi collettivi di smart working di dare priorità alle richieste di adesione presentate dalle lavoratrice entro i tre anni dalla fine del congedo di maternità obbligatorio o dai lavoratori con figli portatori di handicap grave in base all'articolo 3, comma 3, della legge 104/1992.