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La reintegra è obbligatoria se il fatto è insussistente

Pubblicato il 14 marzo 2019 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Se le ragioni addotte a fondamento di un licenziamento per motivo oggettivo sono manifestamente insussistenti sul piano fattuale, al giudice non è data alcuna scelta sul regime di tutela, reintegratoria o meramente indennitaria, applicabile. È una decisione che merita attenzione perché afferma un principio che non era sin qui consolidato.

La Corte di cassazione (sentenza 7167/2019) afferma che l’inciso dell’articolo 18, comma 7, della legge 300/1970, a norma del quale il giudice «può altresì applicare» il regime di tutela della reintegrazione attenuata (comma 4 del medesimo articolo) non lascia, in realtà, alcun margine di scelta, posto che, se la ricostruzione dei fatti dedotta a fondamento del motivo oggettivo di licenziamento è manifestamente insussistente, l’unica sanzione applicabile consiste nella tutela reale.

La Suprema corte è netta e inequivocabile nell’affermazione per cui l’inciso della norma statutaria non consente al giudice un intervento discrezionale rispetto al regime di tutela applicabile in presenza di illegittimità del licenziamento per ragioni riconducibili all’organizzazione aziendale: se il fatto esposto nella lettera di licenziamento è manifestamente insussistente rimane solo e unicamente la protezione delineata dall’articolo 18, comma 4 dello statuto dei lavoratori.

Non è dato al giudice margine di scelta, in altri termini, tra reintegra (cui si accompagna l’indennità risarcitoria fino a un massimo di 12 mensilità), dovuta se il fatto è manifestamente insussistente, e “mero” indennizzo risarcitorio (compreso tra 12 e 24 mensilità), che si potrà applicare, dunque, solo negli altri casi di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione è relativo al licenziamento di una dipendente per soppressione del reparto cui era addetta, disposto in conseguenza di un processo di esternalizzazione delle relative attività. Al termine degli accertamenti istruttori era emerso, tuttavia, che la lavoratrice, come altri colleghi, era stata collocata strumentalmente nel reparto destinato a essere eliminato poco tempo dopo.

Sulla base di questo rilievo, la Corte d’appello di Roma aveva evidenziato che tra la dedotta esternalizzazione dei servizi e il profilo della dipendente non vi era nesso causale, proprio perché la lavoratrice proveniva da un reparto aziendale che non era stato coinvolto dalla riorganizzazione. Per tale ragione, il licenziamento era stato ricondotto alla fattispecie del fatto manifestamente insussistente e la dipendente reintegrata in servizio.

La Corte di cassazione conferma la sentenza di secondo grado e afferma il principio per cui, in presenza di manifesta insussistenza del fatto posto a base di un licenziamento per motivo oggettivo, il giudice non ha alcun potere di scelta rispetto al regime di tutela (indennitaria o reale) da applicare e deve necessariamente disporre il rimedio della reintegrazione previsto dall’articolo 18, quarto comma, della legge 300/1970.

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