In merito al contenuto degli indicatori previsti dal Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019), a prescindere dal numero e dalla composizione degli stessi, il loro obiettivo primario sarà quello (articolo 13, comma 1) di misurare «la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi». Richiamare l’attenzione sui flussi di cassa significa puntare, senza indugio, sulla potenza esplicativa del rendiconto finanziario, la cui redazione, ricordiamo, è obbligatoria per le società che redigono il bilancio in forma ordinaria. È proprio osservando lo schema di rendiconto finanziario che si possono trarre utili indicazioni in merito. Saper leggere il rendiconto diventa essenziale, perché l’azienda che non riesce a produrre adeguati flussi di cassa attraverso la gestione (parte A) sarà costantemente obbligata alla ricerca di nuova finanza, vuoi attraverso la delicata e pericolosissima (dal punto di vista strategico) attività di dismissione di assets (parte B), vuoi attraverso la continua ricerca di fonti di raccolta, che in assenza di una compagine societaria pronta a fornire capitale non potrà che realizzarsi attraverso la raccolta di nuovo debito, posto che ve ne sia la disponibilità (parte C). Ma sarà proprio in queste condizioni (assenza di flussi della gestione reddituale adeguati) che tenderanno ad accendersi gli indicatori di crisi, con quel che ne consegue in termini normativi.