L'obbligo di reperibilità alla visita medica di controllo da parte del lavoratore comporta che il suo allontanamento dall'abitazione indicata all'ente previdenziale quale luogo di permanenza durante la malattia è giustificato solo quando tempestivamente comunicato agli organi di controllo. Nel caso in cui tale comunicazione sia stata omessa o tardiva non viene automaticamente meno il diritto, ma l'omissione o il ritardo devono essere giustificati.
Ribadendo questo principio, stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 19668/19, pubblicata ieri, ha dato ragione all'Inps in un contenzioso che vedeva l'Istituto contrapposto ad un lavoratore per il riconoscimento di un'indennità di malattia. La Corte d'appello di Lecce aveva riconosciuto le ragioni del lavoratore, ritenendo che quest'ultimo avesse provato che in occasione dell'allontanamento dal domicilio durante due visite mediche di controllo si era recato a ritirare i referti delle analisi cliniche a cui si era sottoposto e aveva fatto ricorso all'odontoiatra. Una valutazione incompleta, per l'Inps, secondo cui il giudice di merito non aveva accertato la ricorrenza di un giustificato motivo, ritenuto socialmente apprezzabile in quanto caratterizzato dalla indifferibilità e urgenza dell'attività da svolgere nelle fasce orarie previste per la visita di controllo a domicilio.
Una tesi, quella dell'Istituto, accolta anche dai giudici di legittimità, per i quali nella sentenza impugnata non risulta accertato che il lavoratore, durante il periodo di malattia, con prova a suo carico, abbia adottato una condotta diligente volta a consentire all'ente previdenziale i controlli sanitaria. Da ciò la cassazione della sentenza e il rinvio alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, per procedere, alla luce dei principi esposti, il diritto del lavoratore a mantenere intero l'importo dell'indennità di malattia erogato dall'Inps.