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Test di convenienza tra procedure per riallineare i beni d’impresa

Pubblicato il 20 gennaio 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La L. 160/2019 prevede la facoltà per le imprese di procedere alla rivalutazione dei beni strumentali e delle partecipazioni detenuti entro il bilancio in corso al 31 dicembre 2018. La disciplina ricalca le misure delle recenti Leggi di Bilancio, ma si differenzia per la riduzione dell'imposta sostitutiva, fissata al 12% per i beni ammortizzabili e al 10% per quelli non ammortizzabili, rispetto alle precedenti aliquote rispettivamente del 16 e del 12%. Accanto a questo elemento di appeal, c'è anche la possibilità di optare per il versamento rateale degli importi: fino a 3 milioni di euro, in 3 rate annuali; oltre i 3 milioni, in un massimo di 6 rate di pari importo. Tutto ciò, unitamente alla possibilità di compensare gli importi dovuti nel modello F24 con crediti vantati dal contribuente, dal punto di vista fiscale impone alcune valutazioni di convenienza grazie alla riduzione di aliquota.

La procedura di riallineamento si colloca in uno scenario nel quale sono possibili alternative per ottenere lo stesso obiettivo: il versamento di imposta sostitutiva “ordinaria” ex articolo 176, Tuir; l’applicazione della normativa temporanea sulle aggregazioni aziendali di cui all’articolo 11, D.L. 34/2019. Per orientarsi tra le diverse opzioni è bene partire dal confronto tra il riallineamento reso possibile dalla Legge di Bilancio e quello da articolo 176, Tuir. Il primo elemento chiave sono le date. Un elemento decisivo ai fini della valutazione di convenienza è l’ambito oggettivo. Sul fronte del costo dell’operazione, le aliquote della sostitutiva sono simili: per maggiori valori di beni ammortizzabili fino a 5 milioni di euro l’aliquota è in entrambi i casi del 12%; cambia su valori più elevati, oppure se il bene non è ammortizzabile. (articolo 2392).