La riapertura della facoltà di rideterminare il costo d'acquisto delle partecipazioni ai fini del calcolo dei capital gain rende necessarie alcune riflessioni sul rischio che l'amministrazione finanziaria consideri abusivo l'esercizio dell'opzione, avvalendosi dell'articolo 10-bis, L. 212/2000. Il primo passo consiste nel
valutare se l'operazione o il complesso di operazioni fra loro consequenziali comporti un “vantaggio tributario”. Il secondo passo consiste nel valutare se il vantaggio tributario sia “indebito” ossia se una o più delle operazioni programmate comporti un utilizzo improprio di norme fiscali; in particolare, se tali norme siano utilizzate per il conseguimento di risultati non rientranti fra quelli voluti dal Legislatore. Secondo la relazione illustrativa, la norma sottolinea che il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio d'imposta esercitando la propria libertà di iniziativa economica scegliendo, fra gli atti, i fatti e i contratti possibili, quelli meno onerosi sotto il profilo impositivo, ma aggiunge che l'unico limite a tale libertà è costituito dal divieto di perseguire un vantaggio fiscale indebito. In altri termini, non è certamente abusivo, a prescindere da ogni valutazione sulle valide ragioni economiche, scegliere quella meno onerosa fra più operazioni che non generano vantaggi tributari indebiti. L'onere di dimostrare la sussistenza del vantaggio tributario indebito (fasi 1 e 2) è a carico dell'Amministrazione finanziaria mentre quello di dimostrare l'esistenza di valide ragioni economiche extrafiscali è a carico del contribuente.