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Gli atti del datore di lavoro possono essere impugnati con il ricorso cautelare

Pubblicato il 14 ottobre 2020 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Il Tribunale ordinario di Catania ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), nella parte in cui non prevede che l’impugnazione stragiudiziale di cui al primo comma della stessa disposizione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, oltre che dagli adempimenti ivi indicati, anche dal deposito del ricorso cautelare ante causam proposto ai sensi degli artt. 669-bis, 669-ter e 700 del codice di procedura civile.

 

In particolare, il giudice rimettente dubita della legittimità costituzionale della predetta norma, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, ossia nel senso di ritenere non ricompreso nel termine «ricorso» idoneo a impedire il maturare della decadenza, contemplata dalla stessa norma, anche il ricorso per provvedimento d’urgenza ante causam, in quanto finisce con il precludere, nella sostanza, l’accesso del lavoratore, a fronte di incisivi atti datoriali, alla tutela cautelare, pur costituzionalmente necessaria ex art. 24 della Costituzione.

 

Nella causa oggetto della sentenza, un lavoratore aveva tempestivamente proposto, rispetto ai 180 giorni stabiliti dalla norma censurata, ricorso d’urgenza contro il trasferimento disposto dal datore di lavoro nella sede di un’altra regione ma non aveva, poi, anche promosso il giudizio di merito nello stesso termine di 180 giorni (previsto per impedire la decadenza dall’impugnazione).

 

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 212/2020 del 14 ottobre 2020 rileva che se l’effetto di precludere la perdita di efficacia dell’impugnazione dell’atto datoriale consegue alla circostanza che la doglianza del lavoratore, recata dall’impugnazione dell’atto datoriale, è portata innanzi a una commissione di conciliazione o a un collegio arbitrale, ove il datore di lavoro accetti l’espletamento della procedura, analogo effetto non può disconoscersi, senza che sia leso il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), alla più pregnante iniziativa del lavoratore che proponga la sua impugnazione direttamente alla cognizione di un giudice, sia esso anche il giudice della tutela cautelare, iniziativa alla quale, diversamente dal procedimento di conciliazione e arbitrato, il datore di lavoro non può sottrarsi. La tutela cautelare, essendo riconducibile all’esercizio della giurisdizione e alla garanzia del giusto processo, non può avere un trattamento deteriore rispetto ai sistemi alternativi di composizione della lite, qual è l’inidoneità, prevista dalla disposizione censurata, che nella fattispecie costituisce diritto vivente a precludere l’inefficacia dell’impugnazione dell’atto datoriale.

 

Inoltre, con il promovimento dell’azione cautelare da parte del lavoratore, il contenzioso conseguente all’impugnazione dell’atto datoriale emerge in piena luce e si avvia sul binario della composizione giudiziale senza che ci sia più il rischio di pretese del lavoratore latenti per lungo tempo.

Il ricorso cautelare contro il trasferimento o altri atti del datore di lavoro (compreso il licenziamento) è idoneo a impedire, se proposto nel prescritto termine di 180 giorni, la decadenza prevista dall’articolo 6, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, al pari del ricorso ordinario e della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

 

Tenuto conto di quanto sopra la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6, secondo comma, della legge 604/1966 (Norme sui licenziamenti individuali) “nella parte in cui non prevede che l’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, oltre che dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione del giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, anche dal deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa ai sensi degli articoli 669-bis, 669- ter e 700 del codice di procedura civile”.

 

Il Tribunale di Catania potrà quindi decidere nel merito se l’impugnazione proposta in via cautelare dal lavoratore sia fondata o meno. Decisione che sarebbe stata invece preclusa se fosse scattata la decadenza, in applicazione della disposizione oggetto del giudizio di legittimità costituzionale nella formulazione originaria.

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