I soggetti non residenti nel territorio dello Stato possono essere sostituti d'imposta e come tali sono obbligati a operare le ritenute secondo le regole previste dal Dpr 600/1973. La qualifica di sostituto viene da essi assunta, però, limitatamente alle somme aventi natura reddituale corrisposte da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia. È questo il principio fondamentale ribadito dall'agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 449/2021, peraltro richiamando quanto affermato con la circolare 326/E/97, al paragrafo 3.1 e con le risposte ad interpello 312/2019 e 379/2019. Tale conclusione deriva dalla lettura congiunta dell'articolo 23 del Dpr 600/1973, che fornisce la nozione di «sostituto d'imposta», e dell'articolo 73, comma 1, lettera d) del Dpr 91719/86, che qualifica la soggettività passiva Ires dei soggetti, diversi dalle persone fisiche, non residenti.
Al configurarsi della situazione di base fissa in Italia, il soggetto non residente deve richiedere l'attribuzione di codice fiscale italiano mediante il modello AA5/6 e adempiere a quanto previsto per tutti i sostituti d'imposta: operare le ritenute, versarle, certificarle tramite Certificazione unica («Cu») e presentare il modello 770. Diversamente, in assenza di base fissa in Italia, le somme erogate non devono essere assoggettate a ritenuta né devono essere attivati altri adempimenti.
I percipienti devono comunque assolvere i propri obblighi tributari in Italia, dichiarando i relativi redditi, pur in assenza di «Cu». Tale obbligo permane anche in capo ai percettori che siano fiscalmente non residenti in Italia, rimanendo salva la possibilità di applicare il più favorevole regime convenzionale, se esistente.
Nel caso specifico che ha dato origine alla risposta 449, si trattava di erogazione di somme qualificate come redditi di lavoro autonomo non esercitato abitualmente, in base all'articolo 67, comma 1, lettera l) del Tuir. Norma di riferimento in tema di sostituzione d'imposta è l'articolo 25 del Dpr 600/1973, alla cui applicazione sono per l'appunto tenuti i soggetti qualificati come sostituti d'imposta dall'articolo 23.
Con la risposta, l'agenzia delle Entrate ha colto l'occasione per ribadire la differente chiave di lettura in materia di sostituzione d'imposta rispetto alla materia Iva. L'istante, infatti, proponeva la nomina di rappresentante fiscale o l'identificazione diretta. L'Agenzia correttamente ha precisato che, nei casi in cui non viene svolta alcuna attività rilevante ai fini Iva (come nella situazione specifica proposta), il richiamo al Dpr 633/1972 è assolutamente inconferente e il ragionamento deve essere svolto unicamente sulla base della normativa sostanziale (Dpr 917/1986) e di quella procedurale (Dpr 600/1973) in materia di imposte dirette.