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In caso di sospensione dell’attività lavorativa, il trattamento di integrazione salariale prevale sull’indennità giornaliera di malattia

Pubblicato il 22 luglio 2021 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La Corte di cassazione, con l'ordinanza 16382/2021, è tornata a pronunciarsi sulle criticità connesse al rapporto intercorrente tra il trattamento di integrazione salariale e l'indennità giornaliera di malattia. In ossequio a un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha evidenziato che, ove l'intervento ordinario di cassa integrazione si riferisca a un'ipotesi di sospensione dell'attività produttiva e non già di mera riduzione dell'orario, il connesso trattamento di integrazione salariale sostituisce l'indennità giornaliera di malattia con riferimento ai lavoratori assenti perché affetti da stato morboso.
Il caso di specie trae origine dalla domanda giudiziale di una lavoratrice volta a ottenere una declaratoria di nullità della conciliazione intervenuta con l’azienda e, per quanto qui d'interesse, la condanna al pagamento delle differenze retributive per illegittima collocazione in Cig durante la sospensione del rapporto di lavoro per malattia.
Il Tribunale e la Corte d'appello avevano respinto le domande della ricorrente escludendo, in particolare, l'impugnabilità della conciliazione e la consequenziale sussistenza dei prospettati vizi di inesistenza delle reciproche concessioni - essendo intervenuta la conciliazione in sede protetta secondo l’articolo 2113 del codice civile -, nonché la fondatezza della domanda relativa al pagamento delle differenze retributive per illegittima collocazione in Cig a fronte dell'applicabilità, per identità di ratio, della previsione di cui all'articolo 3 della legge 464/1972.
I giudici di legittimità, confermando le pronunce di merito, hanno ripercorso alcuni precedenti giurisprudenziali espressi in materia di transazione affermando, nello specifico, che dalla stessa «debbano risultare gli elementi essenziali del negozio e quindi la comune volontà delle parti di comporre una controversia in atto o prevista, la res dubia, ossia la materia oggetto delle contrastanti pretese giuridiche delle parti, nonché il nuovo regolamento di interessi che, mediante le reciproche concessioni, sostituisca quello precedente foriero della lite o del pericolo di lite» (Cassazione 9114/1990, 8917/2016).
La Corte continua specificando inoltre che «l'oggetto del negozio transattivo deve poi essere identificato in relazione, non già alle espressioni letterali usate dalle parti (non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese), bensì all'oggettiva situazione di contrasto che le stesse abbiano inteso comporre attraverso reciproche concessioni» (Cassazione 690/2005; 23482/2017).
In merito, invece, al pagamento delle differenze retributive per effetto dell'illegittimo collocamento in Cig, la Corte ha ripreso il principio di diritto secondo cui il riferimento dell'articolo 3 della legge 464/1972, il quale dispone che il trattamento di integrazione salariale sostituisce l'indennità giornaliera di malattia, non deve essere inteso come riferito soltanto alla cassa integrazione straordinaria, ma anche quella ordinaria, «quando l'intervento ordinario della cassa si riferisca ad un'ipotesi di sospensione dell'attività produttiva e non già di mera riduzione dell'orario lavorativo».
Oltre a ciò, giova menzionare anche un ulteriore principio secondo cui il trattamento di cassa integrazione guadagni, sia ordinario che straordinario, non è escluso rispetto ai lavoratori assenti per malattia o infortunio con diritto alla conservazione del posto. Tuttavia il loro credito retributivo, in deroga all'articolo 2110 del Codice civile (che prevede la liberazione del datore di lavoro dalla obbligazione di corrispondere anche a tali lavoratori la retribuzione solo ove siano predisposte equivalenti forme previdenziali, con conseguente permanenza di un'obbligazione integrativa nel caso che forme siffatte diano luogo a trattamenti di minore entità rispetto al tetto massimo della retribuzione stessa), si riduce nei limiti del suddetto trattamento, con la conseguenza che la legittima ammissione alla cassa integrazione comporta il subingresso dell'ente, erogatore delle relative prestazioni, in tali obbligazioni del datore di lavoro (il quale rimane tenuto alle anticipazioni), previa la corrispondente riduzione delle medesime, nel senso che quest'ultimo è tenuto ad anticipare anche ai menzionati lavoratori o l'intero trattamento di cassa integrazione o l'importo pari alla differenza fra questo e l'inferiore trattamento di natura previdenziale o assistenziale (Cassazione 5219/1987; 10057/1991; 2840/1986).

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