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Errore sul massimale contributivo, chance di pagare i soli interessi legali

Pubblicato il 23 luglio 2021 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

La campagna Inps di recupero dei contributi non versati oltre il massimale contributivo prosegue con diffide inviate ai datori di lavoro anche per le annualità del 2017 e 2018. Sul tema, il 19 luglio è stata presentata dall'Associazione delle imprese del settore assicurativo al consiglio di amministrazione di Inps una richiesta di riduzione generalizzata delle sanzioni.
Come ufficializzato dall'istituto a fine 2020 con il messaggio 5062, le sedi sparse sul territorio nazionale hanno iniziato a verificare la corretta applicazione da parte delle imprese del massimale contributivo in base ai principi della legge 335/1995. Sulla base della legge Dini, infatti, il versamento dei contributi utili a pensione, sia con onere del datore di lavoro sia del dipendente, deve fermarsi a un limite annuo (per il 2021 pari a 103.055 euro) solo se il lavoratore è privo di contributi, in Italia o in Stati esteri convenzionati, versati prima del 1996. La presenza di qualsiasi tipo di contribuzione anteriore al 1996, anche da riscatto o per accredito del servizio militare, impedisce l'applicazione del massimale, con maggiori oneri a carico dell’azienda e del lavoratore e con una futura pensione di importo più alto.
In realtà i datori di lavoro non hanno alcun accesso alle informazioni contributive dei propri dipendenti anteriori al momento dell'assunzione, con l'effetto che, come disciplinato dall'Inps con la circolare 177/1996, il censimento delle anzianità contributive dei dipendenti assunti dopo il '95 è avvenuto esclusivamente in base a dichiarazioni rilasciate dai lavoratori spesso non consapevoli di come un riscatto di laurea possa inibire l'applicazione del massimale dal mese successivo.
Inps, con il messaggio 5062/2020, ha ufficializzato che sui contributi non versati dal 2015 in avanti e non prescritti sarà applicato il regime sanzionatorio dell'omissione contributiva (pari al 5,5% in ragione d'anno entro un valore massimo del 40% dei contributi omessi). Numerose aziende hanno però presentato l'istanza di applicazione del regime sanzionatorio più attenuato previsto dall'articolo 116, comma 15, della legge 388/2000. Questo regime, che comporta il pagamento dei soli interessi legali, è riservato ai casi in cui si registrino oggettive incertezze per sopravvenuti diversi orientamenti sia amministrativi sia normativi.
Sulle modalità della corretta applicazione del massimale per riscatti o accrediti figurativi, le regole sono state prima determinate con una circolare Inps del 2009 e poi con una norma di interpretazione autentica apparsa a fine 2015 (articolo 1, comma 280, della legge 208/2015). Le sedi territoriali non stanno tuttavia applicando il regime ridotto, in attesa di istruzioni, obbligando spesso le aziende a pagare con il più oneroso regime di omissione contributiva, per evitare il mancato rilascio del Durc.
La lettera inviata ai consiglieri di amministrazione dell'Inps dall'Ania richiede un aggiornamento del verbale del Cda Inps dell'8 gennaio 2002 che aveva codificato le fattispecie di incertezza di applicazione normativa, date le difficoltà concrete esperite dalle aziende nella raccolta dei dati contributivi dei propri dipendenti e nelle continue evoluzioni della prassi fino alla necessità di una norma di interpretazione autentica della fine del 2015, a distanza di 20 anni dall’entrata in vigore della norma originaria.

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