L'Inps non può chiedere i contributi previdenziali, basandosi esclusivamente su un accertamento del Fisco. Per il Tribunale di Siracusa, sentenza del 23 settembre 2021 , è perciò illegittima la richiesta dell'istituto previdenziale, che viene anche condannato al pagamento delle spese di giudizio a favore del contribuente, liquidate in oltre 2mila euro. Ecco i fatti.
Nel 2016, un contribuente riceve un accertamento dell'agenzia delle Entrate, per il 2011, aveva contestato maggio rendito Irpef, con ricadute su addizionali, Irape e contributi previdenziali. Contro l'accertamento del Fisco, il contribuente presenta ricorso alla Commissione tributaria provinciale.
A distanza di quasi un anno, con avviso di addebito notificato il 12 dicembre 2017, l'istituto previdenziale chiede il pagamento dei contributi Inps duplicando quindi la richiesta del Fisco, più somme aggiuntive. La richiesta dell'Inps è basata esclusivamente sul presunto maggior reddito accertato dall'agenzia delle Entrate. In questo modo, il contribuente, dopo avere presentato il ricorso alla Commissione tributaria provinciale contro l'accertamento del Fisco, per contestare la richiesta dell'Inps, ha presentato ricorso al Tribunale, in funzione del giudice del lavoro. È evidente che il doppio binario, Fisco e Inps, che resiste da più di dieci anni, genera confusione e contenzioso, ma non ha alcuna giustificazione. Capita anche che le sentenze dei giudici tributari possano essere diverse da quelle del giudice del lavoro, una positiva e l'altra negativa o viceversa. La verità è che questo assurdo doppio binario, con la duplicazione delle stesse somme e il doppio contenzioso, deve essere eliminato perché ingiustificato e inaccettabile.
Per il Tribunale di Siracusa, l'Inps non ha fornito alcuna prova in merito alla sussistenza dell'obbligazione contributiva. L'unico elemento fornito dall’Inps a fondamento dell’obbligazione contributiva è proprio (soltanto) quello relativo all’accertamento fiscale condotto dall’agenzia delle Entrate – accertamento peraltro non definitivo ed impugnato davanti al giudice tributario -, «senza l’indicazione di ulteriori specifici elementi probatori in ordine alla sussistenza della propria pretesa creditoria... dunque, non avendo l’Inps (attore in senso sostanziale) dato prova della propria pretesa contributiva ed essendo stato l’accertamento fiscale impugnato davanti al giudice tributario, va annullato l’avviso di addebito impugnato».
L’agenzia delle Entrate, in una direttiva del 28 dicembre 2012, si era riservata di fornire indicazioni per il coordinamento con l’Inps. Tuttavia, a distanza di dieci anni, nulla è cambiato.