La vicenda all'esame della pronuncia 40644/2021 della Cassazione è del tutto particolare, ma non per questo infrequente.
Si tratta dell'ipotesi in cui l'ente previdenziale (in questo caso l'Inps) in una causa di opposizione ad avviso di addebito, ottenga una condanna del debitore al pagamento di somme per contributi e sanzioni relative a omissioni contributive che siano state accertate e quantificate da una precedente sentenza intervenuta tra le stesse parti e passata in giudicato.
È del tutto legittimo, ed è questo il punto centrale della controversia, chiedersi se le due sentenze possano portare a una duplicazione di giudicati e se vi sia l'eventuale rischio di una violazione del giudicato, a fronte della richiesta di condanna al pagamento di somme già contenute in un precedente titolo ormai definitivo. La questione assume una certa rilevanza, soprattutto dalla prospettiva dell'Inps, che spesso ha l'esigenza di munirsi di titoli esecutivi (nella specie avviso di addebito) la cui procedura di riscossione, affidata all'agenzia delle Entrate, spesso risulta di maggior efficacia rispetto alle esecuzioni portate in forma ordinaria.
Occorre innanzitutto evidenziare che, con la sentenza che si pronuncia in merito a opposizione ad avviso di addebito, il giudice del lavoro, oltre a confermare l'avviso stesso con una pronuncia di mero rigetto dell'opposizione, può anche rideterminare il credito dell'istituto, sia nel caso in cui sia accertato in misura diversa, sia nel caso in cui vi sia una pronuncia sulla legittimità della procedura di emissione dell'avviso e vi sia comunque un accertamento della fondatezza della pretesa contributiva. In ogni caso, a fronte di una sentenza di condanna al pagamento delle somme oggetto dell'avviso di addebito, il titolo è rappresentato dalla sentenza di condanna, che sostituisce l'avviso di addebito opposto.
Il giudicato è di condanna, in quanto l'ente previdenziale convenuto può limitarsi a chiedere il rigetto dell'opposizione o chiedere anche la condanna dell'opponente al pagamento del credito di cui alla cartella, in quest'ultimo caso senza che ne risulti mutata la domanda (si veda, per tutte, Cassazione 3486/2016), così come se, all'esito del giudizio di opposizione, il credito contributivo accertato risulti in misura inferiore a quella azionata dall'istituto, il giudice dovrà non già accogliere sic et simpliciter l'opposizione, ma condannare l'opponente a pagare la minor somma (Cassazione 5246/2021).
Quando poi, nel giudizio di opposizione ad avviso di addebito emesso su precedente sentenza di condanna a favore dell'ente, l'Inps proponga domanda riconvenzionale di condanna (a maggior tutela, nell'ipotesi di annullamento dell'avviso di addebito opposto), la stessa domanda potrà contenere l'importo delle sanzioni aggiornato, rispetto alla quantificazione operata nel titolo giudiziale a suo tempo ottenuto (le sanzioni civili continuano a maturare in assenza di adempimento dell'obbligazione contributiva).
Questo elemento porta a superare l'obiezione circa una eventuale violazione di giudicato, in quanto non vi è l'accertamento di una somma differente rispetto alla prima sentenza, ma solo un aggiornamento delle sanzioni al netto della stessa richiesta a titolo di contributi. E allora il problema si pone su un piano diverso, ossia sulla sussistenza di un interesse del creditore di munirsi di un successivo titolo esecutivo, a fronte di una sentenza a suo favore di condanna, già passata in giudicato.
Sul punto la Cassazione ritiene che non vi siano nell'ordinamento norme che vietano la duplicazione dei titoli, a quattro condizioni: l'azione non sia consumata; non si violi il ne bis in idem; sussista un interesse ad agire; non vi sia abuso dello strumento processuale.
Nel caso specifico, l'interesse all'acquisizione di un titolo nuovo può benissimo rinvenirsi nella necessità di aggiornare l'importo delle sanzioni, rispetto alla quantificazione già operata in sentenza. Non devono, però, essere dimenticate anche le esigenze di natura pratica. Come si è accennato, infatti, vi è un interesse concreto, rappresentato dalla possibilità di utilizzare uno strumento più snello e maggiormente efficace per il recupero di crediti contributivi da parte dell'ente previdenziale.
Peraltro, la Cassazione fin dagli anni '60, aveva affermato che il creditore poteva munirsi di un decreto ingiuntivo sulla base di un titolo precedentemente acquisito, in quanto il decreto ingiuntivo era in grado di offrire al creditore una tutela maggiore e più stabile di quella offerta dal titolo stragiudiziale, e in particolare l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale (Cassazione 1467/1969 e 21768/2019).