Dopo l’abrogazione delle società di comodo in quanto in perdita sistematica, anche il regime delle società “non operative” (versante ricavi) necessita di una rivisitazione strutturale, visto che la disciplina risale a quasi trent’anni fa (L. 724/1994). La partita per uscire dal range applicativo di questa presunzione si gioca nel rigo RS116, dove confluiscono esclusioni e disapplicazioni del regime delle società di comodo. Nel box “Esclusione” va indicato il codice che identifica una delle casistiche previste dal comma 1, articolo 30, L. 724/1994. La causa va verificata sul periodo d’imposta interessato dalla dichiarazione (quindi sul 2021) e consente di uscire legalmente e integralmente dal regime presuntivo. Il box “Disapplicazione società non operative” scatta qualora ricorra uno dei presupposti individuati dai provvedimenti dell’Agenzia del 14 febbraio 2008 e dell’11 giugno 2012. Le cause di disapplicazione possono essere totali o parziali. In quest’ultima ipotesi, il prospetto va compilato senza tenere conto dei valori attinenti agli asset esclusi dal computo ai fini della determinazione dei ricavi minimi e del reddito minimo. Un cenno all’autodisapplicazione del regime delle società di comodo, che si ottiene indicando 2 nelle caselle «Imposta sul reddito – società non operativa», “Irap” e “Iva” del rigo RS 116. Con questo codice, evitando l’interpello disapplicativo, si dichiarano sussistenti le situazioni che hanno impedito il conseguimento dei ricavi e dei valori minimi, autoqualificandosi come società operativa a tutti gli effetti (articolo 30, comma 4-bis, L. 724/1994). L’autodisapplicazione può essere totale o parziale e quindi riguardare anche i singoli asset. Trattandosi di motivi diversi da quelli che legittimano la disapplicazione legale del regime, in sede di controllo se ne dovrà dare ovviamente prova.