Con la risposta a interpello 8.5.2023 n. 314, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che le prestazioni rese dalla società britannica nei confronti di quella italiana, a partire dal 2021, devono considerarsi soggette ad IVA secondo le regole ordinarie; pertanto, se il committente italiano è un soggetto passivo, trova applicazione il meccanismo del reverse charge. In proposito, sulla base dei principi espressi dalla Corte di Giustizia Ue nella causa C-210/04 e dalla Commissione europea nel Working Paper 25.10.2021 n. 1027, si è rilevato che non configurano prestazioni di servizi ai fini IVA e sono escluse dall'imposta le prestazioni che intercorrono tra una casa madre stabilita in un altro Stato Ue e una filiale italiana (e viceversa), fatta eccezione, peraltro, del caso in cui la casa madre e/o la "branch" sono parte di un Gruppo IVA (causa C-7/13).Tale approccio non si estende alle società non stabilite nell'Ue che fanno parte di un Gruppo IVA costituito in tale Paese, poiché non possono essere trattate come un unico soggetto passivo ai fini IVA nell'ambito dell'Unione europea. Ciò vale anche per le società stabilite nel Regno Unito, ivi aderenti a un Gruppo IVA, poiché il Regno Unito è, dall'1.1.2021, un Paese terzo rispetto all'Unione europea.